Il restauro, di Augusto Petrini

Mi accingo a restaurare la mia terza moto. Questo non fa certo di me un restauratore professionista, resto sempre un dilettante della domenica, anche se quelle che ho già fatto non sono venute poi tanto male.
Tuttavia quello che più mi differenzia da un professionista, al di là del risultato finale, è lo spirito con cui affronto il restauro.
Il professionista lo fa per lavoro. Anche se sicuramente anche lui è un motociclista appassionato, altrimenti non farebbe quel mestiere, quella non è la sua moto. Quando la sera chiude l'officina e torna casa non ci pensa più, ha i casi della sua vita a cui pensare, ritornerà a dedicarle la sua attenzione solo la mattina dopo, alla riapertura.
Per me è molto diverso.
Il divertimento, il gusto di restaurare una vecchia moto inizia molto prima di svitare il primo dado e non si limita alle ore che passo effettivamente in garage, con le mani sporche di olio e le unghie nere, ma comprende anche le ore ed i giorni passati a documentarmi, a pensare a come risolvere i vari problemi.
Già dal primo momento che la vedo, dopo aver risposto all'inserzione giusta, quel quasi rottame pieno di ruggine e dalla colorazione pasticciata ed improbabile, nella mia mente torna ad essere lucida e splendente di cromature come quando è uscita dalla fabbrica.
Come un architetto che guardando un rudere cadente lo vede già trasformato in una splendida villa e ne vede anche i dettagli: le tegole del tetto, le mattonelle nei bagni, i pavimenti nelle stanze..... Anche io guardando i particolari della moto, li immagino come dovranno diventare al termine della cura. Il freno anteriore tutto ossidato, lo vedo lucidato a specchio, i carter motore ed i cilindri anch'essi ossidati e sporchi di olio li vedo puliti e lucenti come appena fusi, il serbatoio ed i parafanghi coperti di ruggine li vedo splendenti nei colori originali.
In questa prima fase, dopo aver portato la moto a casa, spendo molto tempo a guardarla, passando in rassegna tutte le sue componenti per stabilire i lavori da fare. Spesso, quando ho tempo, scendo in garage appositamente per questo,  ma anche  tutte le volte che devo scendere per qualunque altro motivo mi fermo un momento per continuare il lavoro.
Molto importante è poi la documentazione, io posseggo una collezione di riviste "Motociclismo" che parte dal 1969. Da quando ho cominciato ad interessarmi di moto d'epoca è diventata un archivio preziosissimo ed anche questa volta vi ho trovato la prova su strada della mia moto quando è stata presentata. Anche se è in bianco e nero è utilissima per verificare tutti quei dettagli che, anche nelle moto restaurate nel modo migliore, è facile che non siano originali, quali, ad esempio: il tappo del serbatoio, il blocchetto elettrico, le manopole, i rubinetti della benzina e così via.
Poi, finita questa prima fase ed in attesa di trovare il tempo per iniziare i lavori, comincio con un restauro virtuale nella mente e non c'è nemmeno bisogno di essere li in garage, basta esserci con il pensiero.
Inizio a smontare la moto, definisco la sequenza delle operazioni, penso a come sistemare i pezzi in modo ordinato, documentando ogni passaggio con la macchina fotografica. Penso ad ogni lavoro che sarà necessario effettuare e lo faccio con il pensiero, ad esempio smonto la ruota anteriore e ne controllo i cuscinetti: forse è meglio che li cambi tutti, poi farò rettificare il tamburo ed applicare nuovi ferodi sui ceppi freni. Il parafango anteriore oltre che arrugginito è anche piuttosto abbozzato e deformato, dopo averlo sverniciato ci lavoro di martello per raddrizzarlo al meglio possibile, il resto lo farò con lo stucco.
Per il motore la stessa cosa, anche se quello dovrò aspettare di aprirlo effettivamente prima decidere i lavori necessari.
Quando ho finito di ricondizionare tutti i pezzi è il momento  della fase più bella, il rimontaggio. Inizio a rimettere insieme il telaio, rimontandoci il forcellone e la forcella, poi con il cavalletto e la ruota anteriore sta in piedi da solo e posso mettere su il motore. Tutto è pulito e splendente di vernice lucida e cromature appena rifatte.
Nella mia mente vedo la moto prendere forma passo dopo passo ed immagino con anticipazione il momento in cui stringo l'ultimo dado, quello stesso che avevo svitato per primo, verso nel serbatoio un litro di benzina e finalmente il motore torna a far sentire il suo rombo dopo anni di oblio.
Naturalmente nella mia fantasia il motore parte al primo colpo e gira subito benissimo.
E' difficile spiegare la gioia e la soddisfazione di un momento come questo. Certo è bellissimo anche andare dal concessionario a ritirare la moto nuova tanto sognata e desiderata, anch'io ho vissuto varie volte questa emozione. Ma credetemi amici motociclisti che leggete queste righe, rimettere in funzione una vecchia moto dopo averla smontata fino alla più piccola vitina ed averla poi riportata all'antico splendore è veramente un'altra cosa.
Ma quando faccio tutto questo lavoro di pensiero?
Qui viene il bello, non è che mi siedo su una poltrona e penso. Il lavoro di restauro virtuale mi accompagna in ogni momento della giornata, ogni volta che faccio qualcosa che non ha bisogno della mia attenzione totale, ad esempio l'attesa di un aereo, una passeggiata in bicicletta o a piedi, un lungo tragitto in autostrada. Ad un certo punto la mente va'. Non si lancia in voli pindarici, non scala le alte vette del pensiero filosofico, corre invece nel garage seminterrato e si mette al lavoro. L'ultima volta ho sistemato il parafango anteriore, oggi devo ricostruire, prima di riverniciarlo, l'appiglio che permette di estendere con il piede il cavalletto laterale. Devo trovare tra i miei rottami una barretta di ferro idonea, sagomarla con sega, lima e martello, eventualmente scaldandola e poi saldarla. Sempre basandomi sulle foto prese dal vecchio "Motociclismo".
Spesso questo lavorio mentale mi prende tanto da farmi perdere la cognizione del tempo. Se sono in bicicletta ad esempio, senza rendermene conto magari mi trovo alla fine di una salita che di solito faccio con la lingua fuori dalla bocca.  
Qualche volta, mio malgrado, la  mente parte anche in momenti inopportuni, come la sera a cena: mia moglie mi racconta qualche cosa ed io la guardo senza sentire una parola, forse in quel momento sto rimontando la dinamo.
Forse è meglio che non le faccia leggere questa storiella. 
Così alla fine quando prenderò una chiave in mano per svitare il primo dado, non sarà per iniziare il restauro ma sarà per completarlo.

Augusto Petrini